Perché le 3 leggi della robotica non bastano

E neanche la quarta sarebbe sufficiente.

Come i nerd sanno le 3 leggi di Asimov più la legge 0 sono la base di molti ragionamenti sull’etica dello sviluppo di robotica e intelligenza artificiale. Ovviamente queste leggi sembrano molto di buon senso e soprattutto sono state ideate da chi oltre 50 anni fa si pose il problema di capire se i Robot avessero potuto assumere un atteggiamento ostile verso gli Umani e come prevenire questa spiacevole situazione attraverso la codifica immutabile e non aggirabile di azioni protettive nei confronti degli esseri umani.

Tuttavia l’intelligenza artificiale non ha bisogno di prendere forme umanoidi per interagire con gli Umani e causare danni e fastidi.

Non mi riferisco qui alla sottrazione di opportunità di lavoro che l’automazione via via inghiottirà lasciandoci un grosso punto interrogativo su come milioni di individui, tra i quali possiamo esserci ovviamente tutti noi, potranno campare se i Robot faranno il lavoro al posto nostro.

Questa paura è legittima, ma l’unica certezza che abbiamo è che le macchine e la tecnologia finora hanno assicurato un livello di benessere e ricchezza che prima era impensabile, anche quando l’avidità del capitale ha provato a incamerare tutti i profitti lasciando alla comunità solo debiti e disastri.

Ma non è di questo che voglio parlare qui. In realtà il punto è che la robotica e l’intelligenza artificiale potrebbero e dovrebbero diventare una commodity disponibile a tutti, un po’ come la TV di ieri e la connessione a Internet di oggi. Se non sarà così ci saranno problemi grossi.

Infatti il problema nascerà nella asimmetria computazionale fra le grandi società di tecnologia e gli individui. Come al solito torniamo sempre lì. Nel rapporto di forze fra individui e società (siano queste degli stati o delle multinazionali).

Senza aspettare di formulare le tre leggi nel cervello positronico già oggi abbiamo a che fare con macchine che parlano con noi. Non mi riferisco a Siri o ad Alexa, ma mi riferisco a tutti quei servizi che utilizziamo quotidianamente e che finché funzionano come ci aspettiamo siamo contenti ma che alla prima bega sanno mostrare il loro vero volto: macchine che eseguono codice che ha effetto su esseri umani.

E’ inutile piangere o urlare al telefono se dall’altra parte c’è una macchina.

In un mondo in cui l’interazione è fra Umani e Macchine nasce subito un problema, io ti faccio parlare (leggi interagire) con la mia Macchina, così tutto quello che tu chiedi te lo risolve lei.

In questo modo uffici che un tempo erano gestiti attraverso rapporti umani oggi sono delegati alle macchine. E dove prima se avevo 10 impiegati potevo risolvere 10 richieste oggi con 10 impiegati posso risolverne 10 mila. Abbiamo tutto questo già intorno, web form, risponditori automatici. E’ un grosso sollievo non dover sempre fare la fila per parlare con l’impiegato di turno e tutti noi abbiamo dei vantaggi in questa automazione. Quindi? Sembra perfetto. Ma non lo è.

Se devo interagire con una macchina devo avere qualche diritto in più. E non mi riferisco alla privacy o meglio non solo alla privacy. Ma in generale al diritto di interagire con macchine il cui codice è a me noto e il cui comportamento è prevedibile e determinato.

Non possiamo trasformare l’umanità intera in un “Il Dr. Thomas non è in sede” o meglio ancora in un Charlie Chaplin che finisce incastrato nelle ruote dentate di un servizio cloud.

A questo scopo servirebbe la quinta legge della robotica che potremmo formulare in questa maniera:

Ogni essere umano ha diritto all’interazione diretta o indiretta con altri esseri umani nello svolgimento delle proprie attività e nel compimento delle proprie legittime richieste. Quando questo non è possibile allora ogni umano ha diritto a istruire un suo robot secondo le proprie esigenze e delegare quest’ultimo a dialogare con i robot altrui, siano questi dello stato o delle aziende.

Questo significa che se un operatore telefonico del quale voglio disdire il contratto non ha tempo di farmi parlare con un operatore e vuole appiopparmi il risponditore automatico, allora io avrò il diritto di possedere un mio risponditore automatico istruito allo scopo da me per questo dialogo fra macchine.

In parole povere,

io non parlo con il tuo robot, ma posso chiedere al mio robot di parlare con il tuo per risolvere il problema che mi hai causato

Ovviamente non so come potrà mai essere garantito questo diritto a disporre e addestrare i propri robot. Ma questo è un altro discorso.

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