What if issuing a token is the new “listening on port 80”

What if issuing a token is the new “listening on port 80” ?

Ehm, you likely get Error 404, don’t you?

Questo è il primo pensiero della giornata dopo aver passato una settimana di passione a seguire e cercare di capire tutte le varie ICO che si sono succedute. Ormai siamo chiaramente in uno scenario di completa “ebollizione” e preferisco dire ebollizione invece di bolla.

Alla fine la bolla delle cripto ci sarà, ma forse non così presto. Ma bolla a parte quale valore possiamo estrarre da queste manovre che avvengono all’insaputa dei più e che probabilmente stanno comunque plasmando una parte importante del futuro di tutti

Da quando Ethereum ha cominciato a prevalere come piattaforma per gli smart contract in realtà si sta verificando che la killer application di Ethereum è l’emissione di nuovi token. Diciamo, domain specific tokens.

Ma alla fine a cosa possono servire i token?

In primis i token servono a chi li emette. In molti casi un mero crowdfunding via crypto. I founder cedono token in cambio di cripto più solida come bitcoin o etere. Il capitale raccolto dovrebbe venir utilizzato per sviluppare il servizio. Ma poi chi si trova i token in mano cosa se ne fa? Forse un po’ di speculazione, infatti non è raro che i token emessi in crowdsale vengano poi listati in mercati dove possono essere scambiati con altre cripto e altri token. [Grafico] Ricordiamo che la prima ICO di qualche rilievo è stata quella di Ethereum: 2000 ether per 1 BTC. La speculazione in tal caso è andata benissimo dato che 1 BTC nel 2014 valeva circa 500 dollari e 2000 ether oggi varrebbero circa 500,000 dollari. Un fattore mille in tre anni. Non male

Ma non è tutto, o almeno non dovrebbe esserlo. I token dovrebbero anche essere il diritto di accesso è utilizzo di un determinato servizio. Gli ether stessi dovrebbero servire per pagare le fee alla rete che esegue i contratti e le transazioni che gli utenti inseriscono.

Basic Attention Token (crowdsale $35M in 30 secondi)

Vediamo alcuni casi interessanti. I BAT sono i Basic Attention Token e dovrebbero servire a ridefinire un mercato dell’advertisment su Internet per rompere il duopolio Google Facebook. Il principio di funzionamento è basato su un nuovo browser chiamato Brave che consente in modo privato e non tracciato di remunerare direttamente i contenuti nel caso di contenuti premium, oppure di remunerare attraverso i click sulla pubblicità ma senza passare da un ente centrale come Google o Facebook che controlla e gestisce questi flussi. Il tutto funzionerebbe in modo decentralizzato e i BAT sarebbero usati per la monetizzazione istantanea.

IOTA (capitalizzazione $1B)

Un secondo caso interessante è quello di IOTA che fornisce un sistema di nanopagamenti senza fee e senza utilizzare una dispendiosa blockchain proof-of-work. Tale sistema avrebbe come caso d’uso l’IoT (Internet of things). Avere questi token dovrebbe servire come “benzina” per la realizzazione di applicazioni che integrano ogni tipo di device. Infatti uno dei problemi nell’uso delle blockchain a la Bitcoin per i micropagamenti è il costo energetico assolutamente proibitivo per la rete. Una transazione Bitcoin richiede molta energia e non vale la pena usarlo per piccoli pagamenti. Tuttavia con le evoluzioni di microchannel payments, segwit e lightning  networks anche Bitcoin potrebbe superare questo ostacolo.

Bancor (crowdsale da $150M)

L’ultimo token qui proposto è quello di Bancor. Bancor è una moneta ideale pensata nientemeno da Keynes come una unità standard sulla quale misurare tutte le altre monete. Un po’ quello che fa il dollaro, ruolo che il dollaro si è conquistato a colpi di guerre e dominazioni e sostanzialmente il suo supply è nelle mani di un governo. Il bancor era un modello di moneta “proposta” e internazionale che però non ha mai preso piede. Ma Bancor oggi è anche una tecnologia decentralizzata basata su Ethereum che ha emesso anche il suo token con sigla BNT. L’idea di Bancor network è quella di facilitare l’emissione di domain specific token e di rappresentare lo standard per tutti questi stabilendo prezzo  e garantendo la liquidità indipendentemente dalla dinamica di domanda/offerta. Ma perché dovremmo volere che piccoli domain specific token debbano godere di un prezzo stabile e un supply decente?

Arriveremo al punto che ogni parchimetro, ogni negozio, ogni società di persone vorrà emettere il suo token?

Sembra assurdo ed inutile. In fondo la moneta dovrebbe essere qualcosa di universale e valida per tutti i domini. Cosa possono servire queste micromonete da usare solo per scopi specifici. Ma chissà? Da qui il titolo What if issuing a token is the new “listening on port 80”

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  1. Ciao Davide gran bella riflessione

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