Questa storia delle proteste dei tassisti a Roma e Milano merita attenzione perché è sostanzialmente un segno dei tempi. Da un lato abbiamo una capacità, quella di guidare un’auto e portare a spasso delle persone. Poi abbiamo la professione che è appunto quella di tassista basata su questa capacità. Infine abbiamo un mercato completamente blindato a favore della categoria, faccio fatica a credere che sia regolamentato a favore degli utenti.
Tutto questo funziona in una specie di bolla di illusioni dove guidare un’auto è una competenza che richiede alta professionalità, dove i clienti sono contenti del servizio e dove i cattivi sono gli abusivi che portano via il lavoro, non pagano le tasse e aggrediscono i malcapitati passeggeri.
L’illusione funziona, resiste, va avanti e chi c’è c’è. Chi ha una licenza ha una licenza, gli altri si attrezzino. Perché alla fine – io so’ io, e voi nun siete un …
Ma in fondo poi chi se ne frega del taxi, mica la gente normale prende il taxi. Il taxi – lo prende solo chi non lo paga o i ricchi, e poi i turisti, poracci. Me lo disse un tassista. “Poracci” no, quello l’ho aggiunto io. Insomma perché i politici dovrebbero accanirsi coi tassisti? Ma lasciamoli in pace, no? Tanto noi tutti abbiamo l’auto. Che vantaggio avremmo da un mercato più aperto, dove magari andare in giro per il centro di una città italiana potrebbe costare 7€ invece di 27 o 37? E i turisti? pazienza. Certo a Barcellona con 10€ fai un bel giro, a Lisbona non ne parliamo. Ma loro sono iberici, si adattano. Noi siamo più ricchi, i nostri tassisti sono imprenditori e che diamine? Mica possono far pagare un giro di Roma 10€, posto che si possa fare visto il traffico.
Il traffico, certo è un problema. Non ci sono quei lunghi vialoni a scorrimento veloce come a Barcellona. Ma chissà, se ci fossero più taxi e meno auto private forse il traffico un po’ diminuirebbe.
Comunque, alla fine il politico di destra o di sinistra non tocca i tassisti. Quello di destra sembra che proprio li abbia adottati come categoria da proteggere. Mica ha adottato i ricercatori precari, o gli scienziati all’estero. Non gli avvocati senza studio o gli ingegneri senza clienti. No, i tassisti sono più importanti. La nobile professione dell’autista deve essere mantenuta nella massima considerazione, conservata e tramandata di padre in figlio, di licenza in licenza.
Certo, nell’800 non era da tutti saper avviare un motore a scoppio con la manovella, mettere in moto il veicolo e conoscere le norme stradali e quelle tecniche di guida e manutenzione. Nel 3000 però la situazione è un po’ diversa. Arriva Uber e tutta sharing economy in pompa magna, che poi tanto sharing non è, ma questo è un altro discorso. Quello che conta è che la tecnologia cambia le carte in tavola e la bolla di illusioni e bugie costruita a beneficio di qualcuno incontra questa volta un ostacolo un po’ più duro.
Certo non è che Uber ce l’ha raccomandato il medico e non è vero che solo in Italia vogliamo bloccare l’innovazione. Ma vediamo un po’ cosa succede dove Uber funziona. Prendiamo Londra ad esempio. Ci sono i black cab, ci sono i minicab, c’è Uber. I primi sono quelli neri, costosi e tipici che puoi prendere al volo ad ogni angolo di strada essendo pronti però a pagare un conto abbastanza salato. Non so bene quante licenze ci siano e quanto siano arrabbiati i tassisti londinesi, però lavorano. Lavoravano prima di Uber e lavorano anche oggi. Anzi si stanno organizzando con app per il cellulare per essere al passo con i tempi. Poi ci sono i minicab. Questi non li puoi prendere al volo. Li devi prenotare al telefono o su internet. Sono ottimi se devi fare percorrenze un po’ lunghette, ad esempio dal centro all’aeroporto ti prendono 45£. Un black cab ne prenderebbe 100£ forse. Poi c’è Uber. Se ti perdi, sei un turista che non parla la lingua, o altre situazioni simili premi un tasto sul cellulare, in due minuti arriva una macchina e ti porta a destinazione. Pagamento, comunicazione, feedback tutto è affidato alla piattaforma. Il sindaco di Londra vuole anche Uber con buona pace dei tassisti.
Il mio rammarico è che tanta resistenza, tanto protezionismo, tanti privilegi cristallizzati in anni di contrapposizione tra interessi pubblici e privati alla fine si infrangeranno forse contro Uber mentre avrebbero potuto essere gestiti in modo più ragionevole, più onesto, più trasparente per tutti. Ci sarebbe stato un mercato fluido e funzionante invece di una fragile tregua armata. Non sono contento che una sola società straniera prenda possesso di tutto il mercato che poteva essere un po’ più libero e un po’ più efficiente. L’uberizzazione del mondo non mi piace. Ma tant’è. Alla fine a trattar male i clienti prima o poi succede, arriva l’Uber di turno.
Forse i tassisti la spunteranno anche stavolta. Nell’attesa del prossimo scontro, quello contro le auto che guidano da sole.
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