Deep learning, Van Gogh e Adversarial Networks

Imperfezione…e se domani Google ti rispondesse “Avrei degli ottimi risultati, intanto tieni questi”

Secondo Yan LeCun, il capo di Facebook AI e figura leggendaria del deep learning, tra gli oggetti di studio più interessanti al momento ci sono le Generative Adversarial Networks. L’inventore di queste ultime si chiama Ian GoodFellow.

Questi algoritmi sono in grado di generare quadri con lo stile di pittori famosi, come Van Gogh appunto, o poesie, canzoni, … e magari domani film, software etc.

Prima di tutto diciamo che stiamo parlando di reti neurali profonde o deep learning. Se interessa una piccola introduzione non matematica sul tema vedi qui. Distinguiamo i modelli discriminativi da quelli generativi, ops … suona molto scolastico? lo so. Diciamo allora che ci sono modelli che sono in grado di classificare fra varie classi: ad esempio presi tutti i pixel di un’immagine ti dicono se c’è un volto, e altri modelli, quelli generativi che possono appunto generare istanze simili ai dati in ingresso, come se queste provenissero dalla stessa popolazione.

Le generative adversarial network sono appunto costituite da due modelli, uno è il generatore l’altro è il classificatore e in un certo senso sono in competizione. A partire da un dataset di immagini, ad esempio il generatore cerca di inventare delle immagini che sono “simili” a quelle del dataset. Il classificatore invece cerca di capire quali sono genuine e quali sono artificiali create dal generatore.

Le applicazioni appunto possono essere la generazione di arte artificiale, locuzione che suona malissimo per la ripetizione della parola arte-

Possono i computer imparare a produrre un’imperfezione genuina? I computer e robot convivono malvolentieri con l’imperfezione, mentre i lavori artigianali esaltano questa caratteristica che rende unico ogni oggetto artistico o semplicemente artigianale.

Ma a parte le creazioni pseudoartistiche, questi generatori sono interessanti e le applicazioni sono forse più numerose di quelle che ci possono venire in mente subito. Ecco un esempio di “camere da letto” inventate. Non si tratta di fotografie, nel senso di immagini catturate da una fotocamera, ma piuttosto di immagini catturate dalla statistica.

lsun_bedrooms_five_epoch_samples

(tratto da http://richard-alan-herbert.com/generating-images-of-fine-art-in-300-lines-of-code/)

L’immagine suggerisce che l’arredamento e l’architettura potrebbero essere rivoluzionate con la creazione immediata e su larga scala di prototipi e modelli. Ma non solo. Se la statistica cominciasse a catturare la struttura dei programmi software? I generatori potrebbero cominciare a generare applicazioni capaci di rispondere a dei requisiti posti dagli utenti tipo “app per chattare e spedire selfie”, e produrre un portfolio di migliaia di app da cui scegliere, forse nessuna perfettamente rispondente ai requisiti, ma in fondo … quelle scritte dagli esseri umani lo sono?

Altro scenario, distopico, la generazione di identità digitali verosimili capaci di registrarsi ai social, creare relazioni etc. Insomma, un mondo complicato, per ora non riusciamo nemmeno a contrastare le bufale.

 

 

 

 

 

 

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