Chiedere i soldi a family and friends per finanziare il nostro prossimo progetto è naive, andare da un business angel demodé, e i venture capital? i pitch? gli elevator pitch, che già nel nome suggeriscono l’immagine di un disperato che segue il capitalist dappertutto fin quando quest’ultimo gli concede giusto i 30 secondi di ascensore che separano il marciapiede dall’attico con vista. Oggi come minimo si fa un crowdfunding: bel video, prototipo di carta, facce sorridenti e poi molto social. Eppure anche questo sta passando, perché è più o meno alla portata di tutti, quindi lo fanno tutti, quindi tutto sparisce nel rumore delle tante proposte. Oggi ci sono i Bitcoin, quindi che bisogno c’è dei soldi? (ndr. comunque scherzo se non si fosse capito, donazioni in dollari, euro, etc. sono sempre benvenute)
Perché quello che oggi costa dieci, domani costa venti! Dopodomani costa trenta! I soldi passano, l’arte resta! (Guzzanti, da L’ottavo nano, episodio 8)
Ethereum
Vitalik è un ragazzino di 20 anni o poco più, look molto nerd, magrissimo, probabilmente un genio. Scrive di Bitcoin, quindi un giornalista. Non solo, scrive codice, quindi un programmatore. Ha un’idea, decide di andare oltre Bitcoin, quindi un inventore. Perchè limitarsi ad una moneta per computer? Perché non mettere in piede un intero universo in cui i computer eseguono dei contratti digitali molto più articolati. Vitalik ha in mente il computer definitivo che non può essere mai spento. Il progetto è bello, la community Bitcoin lo ignora ma lui non si da per vinto. Lo chiama Ethereum e apre una prevendita della nuova valuta che sarà la linfa del nuovo sistema. E’ come un crowdfunding, compri ether usando Bitcoin, usi una valuta digitale esistente per comprarne una che esisterà (così speri).
L’avidità è giusta, l’avidità chiarifica (G. Gekko)
Se non bastassero i livelli di virtualizzazione (ether <- bitcoin <- dollari/euro <- debito <-sudore dei lavoratori onesti) visti fin qui sappiate che si può sempre andare oltre. Che ne dite di usare proprio Ethereum per costruire un contratto che emette azioni di un’organizzazione che non esiste nella realtà delle camere di commercio e dei notai, ma che esiste nella blockchain. Una specie di azienda fatta esclusivamente di chiavi crittografiche, attestazioni digitali, agenti artificiali. Troppo tardi! Ci hanno già pensato quelli di TheDAO. Prevendita di TheDAO token per circa un mese, a Giugno 2016, vari milioni di ether incassati dal contratto, un controvalore in $ di circa 150 milioni. Peccato che però è andato tutto all’aria, un solo piccolo problema di codice ha trasformato TheDAO nella vacca da mungere. Gli hacker si sono sifonati via tutto, nella realtà parallela numero 1, mentre non è successo nulla nell’universo parallelo numero 2. Di che parlo? Troppo lungo, ci vuole un altro post per raccontarlo. Per ora accontentiamoci di un link
L’ultima in ordine di tempo, almeno tra quelle che riesco a seguire. Una nuova piattaforma di criptovaluta, un nuovo linguaggio per smart contract, una nuova raccolta fondi, ancora attiva per comprare gli AMP (la loro valuta appunto) in cambio di Bitcoin. Tuttavia anche carte e bonifici sono ben accetti. Hanno già raccolto un bel po’, per fare cosa? La loro idea è una blockchain ed una moneta fatta per dare supporto ad una social network decentralizzata dove si viene retribuiti in base ai contenuti. La chiamano Attention Economy. In questo mi ha ricordato la nostrana Paymeabit (ndr. ragazzi, forse dovevate creare una moneta anche voi).
La cosa che mi ha colpito di Synereo è che la loro moneta era già scambiata negli exchange e aveva raggiunto una quotazione tale che i developer, nonché proprietari della maggiorparte della moneta, hanno deciso di “bruciare” 140 milioni di dollari (in controvalore) per dare credibilità al loro progetto. Troppi coin in mano ai developer non sarebbe apparso equo agli occhi della community.
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